Bullismo
Il bullismo è un concetto usato per indicare tutta quella serie di comportamenti tenuti da soggetti giovani (bambini, adolescenti) nei confronti di loro coetanei e non solo, caratterizzati da intenti violenti, vessatori, e persecutori.
Il fenomeno ha anche legami con la criminalità giovanile, il teppismo ed il vandalismo. Il termine bullismo si riferisce ai fenomeni di prevaricazione interni all’ambiente di lavoro. Il mobbing sarebbe dunque il bullismo che avviene tra gli adulti, e il bullismo il mobbing che avviene tra i minori. Entrambi i fenomeni, inoltre, presentano caratteristiche analoghe, di solito in forme meno esasperate, del nonnismo degli ambienti militari.
Il Bullismo a Scuola
A differenza di quanto si pensi, il bullismo è un fenomeno che riguarda sia maschi che femmine, ma nei due sessi si esprime in due modi differenti.
I maschi mettono in atto soprattutto prepotenze di tipo diretto, come aggressioni fisiche e verbali.
Le femmine, invece,generalmente utilizzano modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono sia alle femmine che ai maschi. Dalle notizie di stampa sembrerebbe, poi, che ci siano delle età a rischio di bullismo, poiché i soggetti coinvolti sono spesso o bambini tra i 7-10 anni o ragazzi tra i 14-17 anni.
Il bullismo, a differenza del vandalismo e del teppismo, si manifesta con forme di violenza opposte a quelle rivolte contro le istituzioni e i loro simboli (docenti o strutture scolastiche), che possono essere definite estroverse. Il bullismo, al contrario, è introverso.
Inoltre è necessario sottolineare come, quasi sempre e in particolare nei casi di ostracismo, l’intera classe tenda ad essere coinvolta nel bullismo, attivo o passivo rivolto verso le vittime del gruppo, attraverso meccanismi di consenso più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono ad esprimere sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio, la cultura identitaria del gruppo.
Esistono vari tipi di bullismo,che possono essere catalogati in:
- Bullismo verbale
Il bullo prende in giro la vittima, dicendole spesso cose cattive e spiacevoli o chiamandola con nomi offensivi oppure minacciandola; - Bullismo psicologico
Il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal suo gruppo o mette in giro voci false i sul suo conto; - Bullismo fisico
Il bullo colpisce la vittima con colpi, calci o spinte, o la molesta sessualmente; - Cyberbullying o bullismo elettronico
È il termine che indica atti di bullismo e molestia compiuti utilizzando mezzi elettronici come e-mail, messaggeria istantanea, blog, telefoni cellulari, cercapersone e siti web. Come il bullismo in generale, il cyberbullismo può costituire una violazione del Codice civile, di quello penale e del Codice della Privacy (D.Lvo 196 del 2003).
“Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni.”
In un comportamento di bullismo si possono trarre le seguenti caratteristiche:
Azioni individuali o collettive di tipo:
- fisico: prendere a pugni o calci, prendere o maltrattare gli oggetti personali della vittima;
- verbale:insultare, deridere, offendere;
- indirette: fare pettegolezzi, isolare dal gruppo;
- dura nel tempo (settimane o mesi);la vittima è impossibilitata a difendersi.
Come abbiamo visto da queste caratteristiche il bullismo può essere attuato da un singolo individuo o da un gruppo e la vittima può essere, a sua volta, un singolo individuo o un gruppo.
Si può distinguere una forma di bullismo diretto, che si manifesta in attacchi aperti nei confronti della vittima e di bullismo indiretto, caratterizzato da una forma di isolamento sociale ed in una intenzionale esclusione dal gruppo.
Per quanto riguarda la manifestazione degli atti di bullismo si può affermare che la scuola è il luogo in cui questi si manifestano con maggiore frequenza, soprattutto durante i momenti di ricreazione, e nell’uscita da scuola. A causa di questo le vittime de spesso si rifiutano di andare a scuola. Rimproverati e rimproverandosi di “attirare” le prepotenze dei loro compagni, perdono sicurezza e autostima. Questo disagio può influire sulla loro concentrazione e sul loro apprendimento. Spesso ragazzi con sintomi da stress, mal di stomaco e mal di testa, incubi, attacchi d’ansia, o che marinano la scuola o, peggio ancora che hanno il timore di lasciare la sicurezza della propria casa, sono le vittime prescelte dal bullo.
Le conseguenze di questa situazione sono spesso gravi e possono provocare strascichi anche in età successive a quelle del sopruso. Di solito le vittime sono più deboli fisicamente della media dei ragazzi. Anche l’aspetto fisico (ad esempio l’obesità) può giocare un ruolo nella designazione della vittima, anche se non è determinante.
Le vittime sono soggetti sensibili e calmi, e allo stesso tempo ansiosi ed insicuri. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in loro stessi o, se si tratta di bambini piccoli, piangendo. A volte soffrono anche di scarsa autostima ed hanno un’opinione negativa di sé e della propria situazione.
Le vittime sono caratterizzate da un modello reattivo ansioso o sottomesso, associato, soprattutto se maschi, ad una debolezza fisica, modello che viene rinforzato negativamente dalle conseguenze dei comportamenti sopraffattori che sono sempre a svantaggio della vittima in quanto non possiede le abilità necessarie ad affrontare la situazione o, se le possiede, le padroneggia in modo inefficace.
Solitamente le vittime vivono a scuola una condizione di solitudine, isolamento e abbandono. Manifestano particolari preoccupazioni riguardo al proprio corpo: hanno paura di farsi male, sono incapaci nelle attività di gioco o sportive, di solito non sono aggressivi e non prendono in giro i compagni, ma hanno difficoltà ad affermarsi nel gruppo dei coetanei.
Il rendimento scolastico è di vario tipo e tende a peggiorare nella scuola media. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli altri l’insicurezza, l’incapacità, l’impossibilità o difficoltà di reagire di fronte agli insulti ricevuti; così le ripetute aggressioni non fanno altro che peggiorare questo quadro di incertezza sulle proprie capacità.
Esiste un “incrocio” tra vittima e bullo: le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di modalità di reazione ansiosa ed aggressiva.
Possono essere iperattivi, inquieti e offensivi. Tendono a controbattere e possono essere sgraditi anche agli adulti. Hanno la tendenza a prevaricare i compagni più deboli. Non è raro che il loro comportamento provochi reazioni negative da parte di molti compagni o di tutta la classe.
Questo tipo di vittima è meno frequente rispetto alle precedenti che risultano maggiormente esposte a rischio di depressione. Le vittime presentano sin dall’infanzia un atteggiamento prudente e una forte sensibilità.
La caratteristica più evidente del comportamento da bullo è quella dell’aggressività nei confronti dei compagni, ma spesso anche verso genitori ed insegnanti. I bulli hanno un forte bisogno di dominare gli altri e si dimostrano impulsivi. Vantano spesso la loro superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione. Manifestano difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare contrarietà e ritardi. Tentano a volte di trarre vantaggio anche utilizzando l’inganno. Si dimostrano molto abili nelle attività sportive e di gioco e sanno trarsi d’impaccio anche nelle situazioni difficili.
Al contrario di ciò che si pensa non presentano ansia o insicurezze. Sono caratterizzati da un modello reattivo-aggressivo associato, se maschi, alla forza fisica che, suscitando popolarità, tende ad auto-rinforzarsi negativamente raggiungendo i propri obiettivi. I bulli hanno di solito un atteggiamento positivo verso l’uso di mezzi violenti per raggiungere i propri scopi e mostrano una buona considerazione di se stessi.
Il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con l’aumentare dell’età ed allo stesso tempo si manifesta un atteggiamento negativo verso la scuola. L’atteggiamento aggressivo prevaricatore di questi giovani sembra essere correlato con una maggiore possibilità, nelle età successive, ad essere coinvolti in altri comportamenti problematici, quali la criminalità o l’abuso di alcool o sostanze.
All’interno del gruppo vi possono essere i cosiddetti bulli passivi, ovvero i seguaci o sobillatori che non partecipano attivamente agli episodi di bullismo. È frequente che questi ragazzi provengano da condizioni familiari educativamente inadeguate, il che potrebbe provocare un certo grado di ostilità verso l’ambiente. Questo spiegherebbe in parte la soddisfazione di vedere soffrire i compagni. Questo tipo di atteggiamento è rinforzato spesso da un accresciuto prestigio.
Vari studi hanno evidenziato alcuni fattori che sembrano essere alla base del comportamento aggressivo. Sicuramente un ruolo determinante può essere attribuito al temperamento del bambino. Un atteggiamento negativo di fondo, caratterizzato da mancanza di calore e coinvolgimento, da parte delle persone che si prendono cura di lui in tenera età, è un ulteriore fattore di fondamentale importanza nello sviluppo di modalità aggressive nel modo di relazionarsi con gli altri. Anche l’eccessiva permissività e tolleranza nei confronti del l’aggressività manifestata verso coetanei e fratelli crea le condizioni per lo sviluppo di una modalità aggressiva stabile.
Un ruolo importante è ricoperto anche dal modello genitoriale nel gestire il potere. L’uso eccessivo di punizioni fisiche porta il bambino ad utilizzarle come strumento per far rispettare le proprie regole. E’ importante che siano espresse le regole da rispettare e seguire ma non è educativo ricorrere solo alla punizione fisica. Queste non sono sicuramente le uniche cause del fenomeno, anzi, si può dire che esso è inserito in un reticolo di fattori concatenati.
È, comunque, certo che le condotte inadeguate si verifichino, con maggior probabilità quando i genitori non sono a conoscenza di ciò che fanno i figli o quando non hanno saputo fornire adeguatamente i limiti oltre i quali certi comportamenti non sono consentiti.
Gli stili educativi rappresentano infatti un fattore cruciale per lo sviluppo o meno delle condotte inadeguate.
È interessante sottolineare come il grado di istruzione dei genitori, il livello socio-economico non sembrano essere correlate con le condotte aggressive dei figli. A livello sociale si è visto come anche i fattori di gruppo favoriscano questi episodi. All’interno del gruppo c’è un indebolimento del controllo e dell’inibizione delle condotte negative e si sviluppa una riduzione della responsabilità individuale. Questi fattori fanno sì che in presenza di ragazzi aggressivi anche coloro che di solito non lo sono lo possano diventare. Per evitare che un bambino ansioso e insicuro diventi una vittima è importante che i genitori lo aiutino a trovare una migliore autostima, una maggiore autonomia e gli forniscano degli strumenti adeguati per affermarsi nel gruppo dei coetanei.
È necessario fare un accenno riguardo al “bullismo femminile”, il quale è poco considerato in quanto meno vistoso rispetto a quello maschile, ma per questo più subdolo. Si manifesta meno “fisicamente” e di più “verbalmente” ed “indirettamente”. Di solito la “bulla” s’atteggia ad “ape regina” e si circonda di altre api isolando colei che non le è gradita.
Inoltre mette in atto nei confronti dell’ “esclusa” un vero e proprio comportamento persecutorio fatto di pettegolezzi e falsità infondate. Per la vittima diventa difficile chiedere aiuto, perché il comportamento bullistico è poco evidente e si tende ad attribuire l’isolamento della vittima ad una sua eventuale timidezza.
Si può facilmente immaginare quali saranno gli esiti per la propria autostima, i quali possono anche comportare quei disturbi del comportamento alimentare tanto frequenti fra le ragazze. Quindi, questo tipo di bullismo non è mai troppo evidente, per questo è stato paragonato a una forma di mobbing.
Infatti, questo atteggiamento crea le condizioni perché la vittima non possa dimostrare nulla di ciò che è accaduto. Se la ragazza offesa trova il coraggio di chiedere spiegazioni, si trova di fronte a clamorose smentite e spesso finisce per essere accusata a sua volta (per esempio di narcisismo o di soffrire di manie di persecuzioni). Così, in preda alla frustrazione, spesso la vittima arriva addirittura a sentirsi in colpa.
La vittima della bulla, in genere, è una coetanea, quasi sempre una compagna di classe, incapace di reagire, di ribellarsi o anche solo di denunciare l’accaduto.
Nel mirino delle bulle finiscono più spesso le ragazze timide, con un sano rapporto familiare o molto diligenti. La vittima può essere spinta ad annientare la propria autostima, un problema che trascina con sé anche altri disturbi, come quello degli attacchi di panico. In altri casi, nella ragazza oppressa scatta un processo di autodenigrazione, accompagnato dalla bramosia di entrare a far parte del gruppo di bulle.
Non è vero che le bulle appartengono al ceto basso. Infatti molti casi di bullismo hanno come protagoniste ragazze “bene”, con genitori istruiti o con una posizione sociale. Spesso proprio gli impegni e l’intensa attività lavorativa di mamma e papà, creano lacune nell’educazione. Anche se è facile dare la colpa dell’aggressività alla separazione dei genitori o, peggio, alla perdita di uno dei due, le bulle sono per lo più ragazze con una famiglia “normale”, che non hanno vissuto esperienze dolorose tra le pareti domestiche.
Solo in pochissimi casi le bulle sono figlie uniche. Anzi, proprio le bambine che hanno conosciuto la prepotenza di un fratello o di una sorella maggiore cercano poi una rivalsa all’esterno compiendo le stesse azioni che hanno subito. Non è vero che hanno sempre un look aggressivo, in quanto uno stile sfacciato può corrispondere a un carattere forte e sicuro così come può, invece, celare una profonda insicurezza. Le bulle, però, si nascondono anche dietro un impeccabile look da collegiale.
Viene chiamato bullo chi fa il prepotente o cerca di fare del male ad altri sia con le parole che con le azioni.
Quindi si ha di fronte un bullo se qualcuno:
- È aggressivo nei confronti del bambino picchiandolo, sputandogli, dandogli dei morsi, prendendo le sue cose.
- Lo insulta, gli fa fare cose che non vorrebbe, lo fa sentire uno stupido, lo fa stare male.
- Lo provoca, gli scrive biglietti offensivi, mette in giro bugie su di lui.
- Cerca di convincere anche i suoi amici a isolarlo e prenderlo in giro.
- Minaccia di picchiare lui o qualcuno a cui vuole bene.
Il bullo cerca di usare la violenza per avere quello che vuole, cercando una “vittima” che non riesce a difendersi da solo o che considera “inferiore” a lui.
Il bullo può essere qualcuno della sua scuola, o qualcuno che considerava un amico.
L’intenzione del bullo è quella di mettere paura, perché in questo modo si sente grande e forte, vuole che gli altri pensino che è potente, che ha successo, che tiene tutto e tutti sotto controllo. In realtà spesso è una persona che non ha nessuna di queste “qualità”, anzi cerca di nascondere i suoi “difetti”.
Quando qualcuno fa il prepotente con il bambino e lo fa stare male, egli quindi potrebbe sentire:
- Di valere poco o niente.
- Potrebbe sentirsi triste o arrabbiato
- Non avere voglia di giocare o uscire.
- Avere poco o molto appetito.
- Può provare un senso di nausea,
- Avere mal di testa e mal di stomaco e
- Non avere il desiderio di andare a scuola.
Se qualcuno fa il bullo il bambino dovrà cercare di farsi vedere calmo e tranquillo, senza arrabbiarsi o essere impaurito anche se lo è. Cercare di evitare cose che non desidera fare. Non pensare a quello che il bullo gli dice, anzi, pensare bene di se stesso. Cercare di capire quando è preferibile andare via, evitando il bullo e se non può evitarlo, di fronte alla sua violenza verbale, usare l’ironia, replicando con una battuta. Se si sente un po’ solo deve cercare di farsi nuovi amici.
Raccontare a qualcuno di cui si fida quello che sta succedendo (un insegnante, un amico più grande, i genitori). Non avere paura di dire ciò che succede perché non è colpa sua. Parlare con chi ti può aiutare è il modo migliore per risolvere la situazione.
Non deve pensare che dicendolo a qualcuno andrà incontro a problemi peggiori, se chiede aiuto allora non sarà più da solo. Dovrà piegare chiaramente che la situazione gli crea dei problemi e che per lui è importante che venga fatto qualcosa.
È importante che continui a parlare di quello che accade finché non otterrà qualche cambiamento. Non deve accettare che qualcuno sia aggressivo con lui.