Danno Psichico
Il sistema giuridico italiano obbliga il responsabile di un danno ingiusto a risarcire il danneggiato al fine di compensarlo per il torto subito.
- Danno Biologico
- Danno Morale
- Danno Esistenziale
- Infortunistica Stradale
- Infortunistica Professionale
- Danno da colpa professionale
- Danno dawrongful life
- Danno da Mobbing
- Danno da Mobbing lavorativo
- Danno da Mobbing familiare e coniugale
- Danno da Demansionamento
- Danno ambientale
- Tutela della Privacy
Il danno biologico (risarcibile in base agli art 2059 c.c. e art 32 Cost.), ossia la “menomazione dell’integrità psicofisica della persona in sé e per sé considerata, in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell’ambiente in cui la vita si esplica, ed aventi rilevanza non solo economica, ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica” (Sentenza n° 184/86 della Corte Costituzionale).
La lesione temporanea o permanente del bene primario della salute, in sé considerato quale diritto inviolabile dell’uomo (art 32 Cost.), ed estendibile quindi oltre che alla pienezza della vita fisica, all’applicazione della propria personalità nel mondo esterno, alla sfera riproduttiva, alla vita spirituale, affettiva, familiare, sociale, sportiva, è meritevole di risarcimento a prescindere dall’esistenza di eventuali conseguenze sulla capacità reddituale del soggetto.
Il danno biologico, per essere tale, ha come presupposto l’insorgenza di una condizione patologica nello stato di salute, suscettibile di accertamento medico-legale.
Nello specifico, il danno biologico di natura psichica corrisponde alla menomazione, temporanea o permanente, di una o più funzioni psichiche del danneggiato con conseguente impedimento dell’espressione della propria personalità nel mondo esterno.
Il danno psichico consiste in un’alterazione dell’equilibrio psichico del soggetto, nell’insorgenza di un vero e proprio disturbo psicopatologico, che deve essere diagnosticato tramite consulenza tecnica effettuata da professionisti, psicologi o psichiatri forensi, e ricondotto all’evento lesivo che l’ha causato.
Una volta accertata la responsabilità di colui che ha commesso il fatto e l’esistenza di un danno psichico, è difatti fondamentale, ai fini della richiesta risarcitoria, dimostrare il nesso di causalità tra il danno subito, in questo caso la condizione psicopatologica sopraggiunta e il fatto illecito.
Nel caso di un danno biologico di natura fisica, ad esempio una frattura riportata in seguito ad un incidente stradale, sarà relativamente semplice individuare il nesso causale tra il danno e l’evento. Diversamente, sarà molto più complesso dimostrare l’insorgenza di una psicopatologia.
In questo caso il nostro intervento di valutazione del danno psichico si basa su un’attenta analisi delle caratteristiche di personalità del soggetto, delle eventuali patologie presenti prima dell’evento, degli impedimenti sopraggiunti nella propria vita e delle conseguenze psicologiche dovute alla menomazione di aspetti fondamentali alla persona quali attività lavorativa, sociale, legami familiari.
Il danno morale (risarcibile in base all’art. 2059 c.c.) consiste nello stato di sofferenza, nel “patema d’animo” passeggero, momentaneo, conseguente all’evento lesivo subito.
Il danno morale attiene alla sfera esclusivamente personale del danneggiato, alla afflizione emotiva circoscritta in un breve lasso di tempo, che rende più difficoltoso il momento di vita della persona, ma che non ne impedisce il proseguimento in nessuno dei suoi aspetti basilari.
Il risarcimento del danno morale viene perciò definito pretium doloris, o pecunia doloris.
Il danno esistenziale (risarcibile in base agli art 2059 c.c. e art. 2 Cost.): consiste nel peggioramento o nell’impoverimento della qualità della vita di un individuo derivante dalla lesione di valori fondamentali alla persona, costituzionalmente garantiti, e che pregiudica l’effettiva esplicazione della personalità del soggetto nel mondo esterno.
A differenza del danno biologico, il danno esistenziale non riguarda la lesione del bene salute, bensì il peggioramento oggettivamente riscontrabile delle condizioni di esistenza di un individuo, dovuto ad un non poter più fare, o ad un “diminuito ventaglio delle attività realizzatrici in confronto a ciò che avrebbe potuto fare laddove il fatto ingiusto non avesse avuto luogo”.
E’ fondamentale, ai fini risarcitori, che la violazione riguardi interessi di rango costituzionale inerenti alla persona, di contenuto apprezzabile, che si sostanziano nell’alterazione di attività ritenute fondamentali per lo sviluppo e la piena realizzazione della personalità, quali:
- attività di carattere biologico-sussistenziale
- relazioni affettive e familiari
- relazioni sociali
- attività di carattere culturale e religioso
- attività ludiche e sportive
Le modificazioni dei normali ritmi di vita e delle attività quotidiane del danneggiato producono solitamente uno stato di disagio che, pur non sfociando in una vera e propria patologia, incide negativamente sulla qualità della vita del soggetto.
La vittima di danno esistenziale può manifestare dei cambiamenti nella personalità, nel proprio modo di essere, consistenti nel disinteresse per attività prima piacevoli, nel maggior affaticamento, nella tendenza alla passività, nella chiusura in se stesso, in disturbi del sonno, interrogativi sul significato della vita, riduzione dell’appetito, dell’attività sessuale, ecc.
L’intervento di valutazione di risarcimento del danno esistenziale prevede l’accertamento di tali alterazioni comportamentali, la loro relazione con le caratteristiche di personalità del soggetto, con la rilevanza dell’interesse violato, con il valore e il significato che assume quell’interesse all’interno della vita e della storia personale del soggetto, con attività svolte dalla vittima prima dell’evento lesivo e le alterazioni provocate in ambito familiare e sociale.
La dottrina legislativa in materia di danno alla persona è applicabile a tutte quelle situazioni in cui la lesione dell’integrità psicofisica di un individuo derivi da fatto ingiusto altrui a seguito di incidenti stradali.
Il codice delle Assicurazioni prevede il risarcimento del danno biologico e la Commissione nominata dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni ha già dal 1996 individuato delle percentuali di invalidità per il danno psichico. Esistono delle apposite tabelle per la valutazione ed il risarcimento di tale danno.
Recentemente, anche la figura del danno esistenziale ha avuto un riconoscimento nell’infortunistica stradale, in quanto è stato osservato che esistono una pluralità di situazioni negative di carattere psico-fisico, oggettivamente accertabili, che non rientrano né nella categoria del danno morale soggettivo, né nella figura del danno biologico, ma che alterano gravemente le abitudini e gli assetti relazionali propri ad un individuo, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e alla realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.
L’art. 2087 c.c. obbliga il datore di lavoro a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei propri dipendenti.
Tale norma pone a carico del datore di lavoro dei precisi obblighi di garanzia e protezione ai fini individuali, aggravando quindi il reato, rendendolo perseguibile d’ufficio.
La responsabilità datoriale ha natura contrattuale, per cui è lo stesso datore di lavoro, in base all’art. 1218 c.c., che ha l’onere di provare che l’inadempimento della prestazione contrattuale è dipeso a causa a lui non imputabile.
Il lavoratore deve invece provare l’esistenza del danno, cioè la lesione dell’integrità psicofisica e il nesso di causalità tra prestazione lavorativa e danno sia esso danno biologico o danno esistenziale.
Il D.Lgs. 626 del 1994, sancisce l’importanza della salute e della sicurezza sul posto di lavoro. L’ambiente di lavoro deve garantire il benessere psicofisico dei lavoratori.
Il D.Lgs. 38 del 2000 “Disposizioni in materia di assicurazione contro infortuni sul lavoro e malattie professionali”, riporta delle tabelle di valutazione degli infortuni e delle malattie professionali, tenendo conto per la prima volta nella storia di tale materia, oltre alla perdita della capacità lavorativa, anche del danno biologico di natura psichica.
Anche un danno psichico derivante da azioni di mobbing potrebbe essere indennizzabile dall’Inail, pur non essendo presente nelle tabelle di tale Decreto in quanto l’art.10 del D.Lgs. 38/2000 definisce “malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle, delle quali il lavoratore dimostri l’origine professionale”.
Il Danno da colpa professionale è un danno causato da errore professionale, da comportamenti di imperizia, imprudenza, negligenza da parte di un professionista nei riguardi di un cliente, o dalla mancata o parziale applicazione di procedure o regolamenti riconosciuti dalla comunità scientifica.
Nel caso in cui tale errore professionale, commissivo o omissivo, dovesse provocare una menomazione dell’integrità psico-fisica della persona o un’alterazione della personalità nel mondo esterno è possibile chiedere un risarcimento per danno biologico, danno esistenziale, o entrambi, a seconda delle conseguenze subite. In caso di morte, il danno va riconosciuto ai congiunti, e prevede il risarcimento secondo i criteri del danno da lutto (vedi danno da lutto).
Con questo termine si intende il danno derivante da interferenza avvenuta nella vita fetale, sia esso danno psichico che dovesse determinarsi nel nascituro, ovvero danno esistenziale. E’opportuno distinguere ulteriormente tra:
- wrongful life, richiesta di risarcimento di un soggetto nato malformato, o con altra condizione di svantaggio esistenziale, nei confronti di genitori o terzi. Tale danno può essere conseguenza di un fatto anteriore al concepimento, o della malattia di uno o di entrambi i genitori, o conseguenza di una diagnosi errata prenatale che non abbia consentito alla madre di interrompere la gravidanza. Solo in quest’ultimo caso, individuato il fatto ingiusto, il risarcimento spetta non solo ai genitori, come danno psichico o esistenziale, ma anche al bambino stesso.
- wrongful birth: richiesta di risarcimento dei genitori nei confronti di sanitari per atti di imperizia, imprudenza o negligenza avvenuti durante il parto.
- wrongful pregnancy: richiesta di risarcimento relativa alla nascita non programmata di un bambino dovuta ad errori in pratiche contraccettive, di sterilizzazione o di interruzione della gravidanza.
Per “mobbing” si intende non una patologia, ma una forma di terrore psicologico messa in atto nell’ambiente di lavoro mediante una serie di comportamenti aggressivi e vessatori deliberatamente voluti, ripetuti nel tempo, da parte del datore di lavoro, superiori o colleghi nei confronti di una vittima designata:
- Danno da Mobbing lavorativo
- Danno da Mobbing coniugale e/o familiare
La persona oggetto di mobbing viene messa in una posizione di debolezza e aggredita in modo più o meno diretto, da una o più persone per un lungo periodo con lo scopo e/o la conseguenza della sua estromissione dal mondo del lavoro.
Le condotte mobbizzanti riguardano strategie comportamentali che impediscono alla vittima di esprimersi, la isolano, distruggono la sua reputazione agli occhi dei colleghi, la discreditano nel suo lavoro, ne compromettono la salute affidandogli incarichi gravosi, stressanti o pericolosi.
La vittima di mobbing perde gradatamente la stima professionale di sé e la motivazione al lavoro nel contesto socio-ambientale di riferimento. Le azioni di mobbing possono provocare alterazioni riguardanti:
- l’equilibrio socio-emotivo della vittima, che potrà sviluppare sintomi quali ansia, depressione, attacchi di panico, isolamento, ossessioni e depersonalizzazione;
- l’equilibrio psico-fisico attraverso la comparsa di sintomi psico-somatici quali: cefalea, vertigini, tachicardia, disturbi gastrointestinali, alterazioni del sonno, delle funzioni sessuali,
- disturbi del comportamento quali: tendenza alla passività, mancanza di appetito, gesti auto o etero aggressivi, abuso di alcol o farmaci.
L’aggressione alla sfera psichica dell’individuo potrà tradursi in una menomazione alla propria integrità psicofisica, cioè in una condizione di vera e propria psicopatologia (danno biologico) o in una serie di alterazioni del suo modo di essere nelle relazioni lavorative, sociali, e infine familiari che ledono la piena espressione della sua personalità nel mondo esterno (danno esistenziale).
Nel caso in cui il lavoratore mobbizzato veda compromessa, temporaneamente o con postumi permanentemente invalidanti, la propria salute, il datore di lavoro è chiamato a rispondere a pieno titolo in sede civile della lesione all’integrità psicofisica in base agli art. 32 della Costituzione, ma soprattutto in base all’art. 2087 c.c. che regola la responsabilità contrattuale nel rapporto di lavoro e che lo obbliga ad adottare misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. La personalità morale è tutelata inoltre dall’art.2 Cost., e in particolare dall’art. 41 Cost., che sancisce il divieto per l’iniziativa economica privata di recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana.
In sede penale, in base al D.Lgs. n. 626/1994 il datore di lavoro è responsabile, insieme ai lavoratori, della sicurezza e della salute del lavoratore durante il lavoro, ed è sanzionato penalmente in caso di omissione.
Per quanto riguarda le vessazioni sul lavoro, sono inoltre sono imputabili di reato tutte quelle condotte che abbiano di per sé rilievo penale: dall’ingiuria (art. 594 c.p.) e la diffamazione (art. 595 c.p.) alle molestie e molestie telefoniche (art. 660 c.p.), alla violenza sessuale (art. 609bis c.p.), alla violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza (art.616 c.p.), al sequestro di persona (art. 605 c.p.), alle percosse (art. 581 c.p.) alle lesioni personali (art. 582 c.p.) all’omicidio (art.575 c.p.) all’istigazione o aiuto al suicidio (art.580 c.p.).
Come in ogni altra tipologia di danno alla persona, una volta riconosciuta la responsabilità, civile e/o penale, di un “mobber”, la legge lo obbliga al risarcimento del danno in base agli articoli 2043 c.c. e 185 c.p.
Anche in caso di “corresponsabilità” del lavoratore mobbizzato, non è consentito l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità risarcitoria per danni in caso di condotta negligente o imprudente del soggetto offeso. Le azioni ostili non possono escludersi nemmeno nel caso in cui il dipendente avesse contribuito con il proprio comportamento a creare una situazione di incompatibilità ambientale, ovvero avesse accettato compiti faticosi e stressanti.
L’utilizzo del termine mobbing è stato recentemente esteso anche all’ambito coniugale e familiare, intendendo con questo l’insieme degli atteggiamenti aggressivi e vessatori che intenzionalmente vengono messi in atto da un coniuge nei confronti dell’altro, allo scopo di costringerlo ad attuare un comportamento che va contro il suo volere, come ad esempio lasciare la casa coniugale, acconsentire alla separazione consensuale, estromettersi dalle decisioni importanti, ecc.
Si tratta di una strategia comportamentale persecutoria ben precisa, fatta di piccoli gesti, ostilità, chiusura della comunicazione, continue critiche, assoluta indifferenza allo scopo di sminuire l’altro. Alla stregua del mobbing lavorativo tali atteggiamenti vessatori, sistematici e ripetuti, minacciano la dignità, ma anche l’integrità fisica e psichica della persona mobbizzata.
Nel caso in cui le condotte di mobbing riguardano esclusivamente la relazione tra i coniugi, si parlerà di mobbing coniugale. Accanto a questo, distinguiamo anche il mobbing familiare, che coinvolge il sottosistema genitoriale, e riguarda principalmente quell’insieme di condotte mobbizzanti (sabotaggi nelle frequentazioni con il figlio, denigrazioni, minacce, delegittimazione familiare e sociale del ruolo genitoriale) tese alla estromissione di uno dei coniugi dai processi decisionali tipici dei genitori.
Il mobbing familiare e coniugale sono riconducibili sia alla figure del danno esistenziale sia a quella del danno biologico.
L’art. 2103 c.c. tutela il lavoratore e in particolare sancisce che “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alla mansioni per le quali è stato assunto….”. Il declassamento di categoria e/o retributivo rappresenta una lesione economica e personale, minando la dignità del prestatore di lavoro.
In caso di demansionamento e dequalificazione professionale, la lesione provocata al lavoratore è potenzialmente produttiva di danni patrimoniali, ma anche, ove dimostrato, di danni non patrimoniali, quali il danno biologico e il danno esistenziale.
Condizioni di inquinamento ambientale (acustico, atmosferico, elettromagnetico, ecc.) che procurino delle modificazioni peggiorative, purché apprezzabili in quanto ad intensità e qualità, nella sfera personale del soggetto leso, sono da considerare un danno ambientale, ossia un evento lesivo ingiusto che minaccia il bene primario della salute del cittadino e costituisce una limitazione alla normale qualità della vita e/o alla libera estrinsecazione della personalità (art.2 Cost.).
In base al caso specifico, la libera espressione della personalità può essere lesa sia all’interno dell’ambito familiare e privato, sia all’esterno, cioè nelle attività sociali, culturali, ricreative della persona.
La legge obbliga il responsabile del danno ambientale, ove dimostrato che determinate condizioni ambientali hanno prodotto su di un individuo un’alterazione significativa delle attività ritenute fondamentali alla realizzazione e libera espressione della personalità, ossia un danno esistenziale, a risarcire il soggetto leso.
E’ possibile, anche se molto più difficile da dimostrare che il danno ambientale provochi la menomazione dell’integrità psico-fisica della persona. In questo caso il risarcimento riguarderà il danno biologico.
E’ considerato comportamento illecito la violazione della privacy, sia in caso di scorrettezza e illiceità nel trattamento dei dati personali, sia in caso di illegittima intrusione nella riservatezza personale.
A tal proposito è stato ad esempio riconosciuto il danno da spamming, ossia l’invio di posta elettronica indesiderata e non autorizzata da parte di una società commerciale che ha dovuto rispondere del comportamento illecito attraverso il risarcimento dei soggetti lesi (Giudice di Pace di Napoli)
Valutazione per il Risarcimento del Danno Psichico
E’ considerato comportamento illecito la violazione della privacy, sia in caso di scorrettezza e illiceità nel trattamento dei dati personali, sia in caso di illegittima intrusione nella riservatezza personale.
A tal proposito è stato ad esempio riconosciuto il danno da spamming, ossia l’invio di posta elettronica indesiderata e non autorizzata da parte di una società commerciale che ha dovuto rispondere del comportamento illecito attraverso il risarcimento dei soggetti lesi (Giudice di Pace di Napoli).